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C.S. n. 15
Comunicato stampa, Cuneo, 18/02/2014
con preghiera di cortese pubblicazione e/o diffusione
Le aziende della provincia cercano alternative ai prestiti bancari nei Minibond
Il nuovo strumento finanziario è stato illustrato in un seminario in Confindustria Cuneo
L’ampia partecipazione ha confermato il forte interesse suscitato dal seminario tecnico di aggiornamento sui Minibond, svoltosi ieri pomeriggio – lunedì 17 febbraio - in Confindustria Cuneo su iniziativa del Comitato Piccola Industria. L’incontro, che aveva come obiettivo quello di illustrare la normativa ed il funzionamento del nuovo strumento di finanziamento per le imprese, è stato aperto da un aggiornamento sugli indicatori economici del Piemonte e della provincia di Cuneo a cura del Centro studi di Confindustria Cuneo, a cui sono seguiti gli interventi tecnici di esperti dello studio Deloitte, della Banca Popolare di Vicenza, dell’Ordine Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Cuneo, della Banca di Credito Cooperativo di Cherasco e la testimonianza dell’azienda Caar spa.
“I Minibond non saranno la soluzione a tutti i problemi delle Pmi – spiega Mauro Gola, vice presidente Confindustria Cuneo e presidente comitato provinciale Piccola Industria -, ma sicuramente sono uno strumento dalle importanti potenzialità che le piccole imprese devono cominciare a prendere seriamente in considerazione. Nei prossimi anni, infatti, lo sviluppo dei prestiti bancari per finanziare gli investimenti non potrà soddisfare pienamente il fabbisogno finanziario delle imprese, per cui diventerà fondamentale poter reperire risorse da fonti alternative. È quindi interesse di tutti, banche comprese, creare per le aziende efficienti canali alternativi”.
Dal 2010 il credito bancario in Italia ha subito una riduzione complessiva di circa 48 miliardi e anche i dati provvisori delle sofferenze sui prestiti alle imprese riferiti a dicembre 2013 si attestano sui 150 miliardi, mentre nel 2008 erano “solo” 25. Il calo annuo del 6,5% dei prestiti alle imprese, determinato sia dalla riduzione della domanda che dell’offerta bancaria, spiega perché le banche sono più prudenti nell’erogazione di nuovi finanziamenti ed è la causa principale del credit crunch.
“Dopo i Decreti Sviluppo e Destinazione Italia, che hanno eliminato ostacoli normativi e fiscali che ne rendevano difficoltoso l’accesso, oggi la possibilità di finanziarsi con i Minibond è più concreta - continua Gola - . Prima di questi interventi le imprese non quotate in borsa avevano molte difficoltà normative per accedere al mercato obbligazionario, così l’emissione di obbligazioni era prerogativa sostanzialmente delle imprese quotate in borsa. Questa situazione ha causato ‘effetti collaterali’, come la sottocapitalizzazione e la prevalenza dell’indebitamento a breve termine”.
Secondo l’Aifi in Italia sono stati fino ad oggi creati 22 fondi specializzati in Minibond, che potrebbero nel 2014 finanziare le mini imprese per 3-4 miliardi. Secondo Cerved Group in Piemonte ci sono 3.856 imprese con ricavi oltre i 5 milioni, di cui 2.785 con rating “investiment grade” che potrebbero emettere Minibond.
“Per far nascere un mercato di mini-obbligazioni servono investitori specializzati che le comprino – conclude Gola -. In Italia stanno nascendo diversi canali alternativi a quello bancario per reperire credito o capitale, ma per farli funzionare davvero servirà del tempo. La rivoluzione dei Minibond è cominciata”.
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